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domenica 20 aprile 2008

L'attacco dei cloni

Ha fatto parlare di sé la sconosciuta Psystar colpevole di aver presentato dei computer Mac compatibili. Dei cloni? Non proprio: solo dei normalissimi PC assemblati con gli stessi componenti (chipset, CPU, scheda video, etc.) presenti sui computer made in China designed in Cupertino. In pratica Psystar assembla dei computer abbastanza compatibili da far girare MacOSX senza troppi problemi. La piccola ditta americana vende insieme ai computer anche una copia di MacOSX, cosicché non si possa parlare di pirateria informatica.
I siti dei fan Apple (fan può stare per appassionato o fanatico, a voi la scelta) hanno in parte espresso curiosità, in parte perplessità. Così alcuni hanno titolato "Quando durerà?" (proprio con la d, errori da scuola elementare), e avanzato ipotesi di truffa, fuffa e muffa: società troppo piccola, assenza di magazzini, nome degno di un logopedista. La questione sollevata più di frequente, però, riguarda la licenza di MacOSX, che non permette l'installazione del sistema su macchine non prodotte da Apple. Quindi l'offerta di Psystar sarebbe illegale. E invece no. Vediamo perché.
Per prima cosa vediamo come funzionerebbe in Europa. Nel vecchio continente il software è protetto dalle leggi sul diritto d'autore: l'utente comprando una copia del prodotto acquisisce il diritto di utilizzarlo e di utilizzarlo come più gli piaccia. Facciamo un esempio: quando comprate l'ultimo disco del vostro cantante preferito, l'artista non può certo proibirvi di ascoltarlo in macchina o mentre fate la doccia; l'importante è che l'utilizzo avvenga nell'ambito privato. Inoltre le licenze che ci vengono presentate durante l'installazione di un software non hanno il valore di un contratto: per i contratti occorre che le due parti siano identificate e non si può certo sostituire la firma con un banale click.
Negli Stati Uniti la cosa si fa ancora più interessante perché c'è un precedente legale. Nel 1984 la corte di appello americana del nono distretto ritenne illegale il comportamento della società Data General che per l'utilizzo di un certo software aveva imposto l'acquisto del suo hardware. Il verdetto venne confermato dalla Corte Suprema (corrispondente alla nostra Cassazione). E questo, signori miei, calza a pennello con l'attuale situazione di Apple. Molto probabilmente non si arriverà mai in tribunale: con un precedente simile, a Cupertino potrebbe addirittura essere imposto di eliminare le restrizioni che impediscono una facile installazione di MacOSX su PC diversi da quelli Apple.

domenica 24 giugno 2007

Chiuso

Non sono tanti gli utenti Apple che si fidano ciecamente della mela, ma sono, purtroppo per loro, sono fin troppi.
Se leggo su un blog che Apple sta sbagliando quattro cose, mi fa piacere vedere in giro un po' di consapevolezza, anche se mi verrebbe da dire che le cose che Apple sbaglia (e stiamo parlando di rapporto con gli utenti, non di strategie di mercato) sono molte di più.
Inoltre, se leggo un commento a quel post, mi accorgo che la gente è ormai deviata e che Apple ha instaurato un qualche tipo di fede monoteista da abbindolamento, di cui non finisco mai di stupirmi.
Vengo e mi spiego. Tra le quattro cose sbagliate c'è

Hardware completamente chiuso, anche se con gli ultimi modelli di MacPro o MacBook la situazione è migliorata e sembra sul punto di cambiare

E qui parte il primo chiarimento: le cose stanno cambiando soprattutto perché i nuovi computer di Apple sono in tutto e per tutto dei PC: stessi processori, stesse memorie, stessi chipset, stessi dischi. La pubblicità dovrebbe essere "Ciao, io sono un PC" - "Ciao, anch'io sono un PC".
Ed è proprio questa la cosa divertente, quando a proposito di hardware chiuso:
Beh, questa la posso anche accettare se le cose funzionano bene.

Caro Saint Andrés, hardware chiuso e funzionare bene non hanno nulla in comune: si può avere un hardware aperto ma progettato per funzionare senza alcun problema. Perché hardware chiuso non significa impossibilità di cambiare dischi, memoria e processore, ma significa impossibilità di sapere cosa c'è dentro la scatola e, quindi, fiducia cieca senza poter conoscere come vengano trattati i nostri dati, perché di quello si tratta. E questo, come è ovvio, è cosa cattiva e sbagliata.